mercoledì 25 marzo 2015

Chandra Livia Candiani


La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore (Einaudi 2014) di Chandra Livia Candiani è un libro che ha avuto un sorprendente successo di vendite e un sicuro consenso critico. I due fatti sono il risultato di una scrittura fluida, tendenzialmente paratattica, lessicalmente ricca di parole d’uso quotidiano ma anche fortemente simboliche (sete, fame, pane, neve, abbraccio, luce), di una narrazione chiara dove la pedagogia entra con passo leggero, di una problematizzazione mai intellettuale ma sempre resa esemplare attraverso concetti incarnati in metafore elementari eppure non banali. A questo si aggiunga una vita partecipata (si vedano qui le interviste e le note di Giorgio Morale all'autrice) e una pratica meditativa buddista, che piace perché fuori dalle logiche di potere e vanesie della cultura mercantile globalizzata. Tutti ingredienti dei quali il corpo della Candiani, esile eppure tenace, da bambina pugile, appunto, diventa emblema, soprattutto quando la sua scrittura lascia intendere sia i diversi lutti che l’hanno attraversata e sia un’infanzia vissuta interrogando le cose e cercando in esse rifugio. Il sonno della casa (in Nuovi poeti italiani 6, Einaudi 2012) ci porta in questa dimensione cosale, e lo stesso capita nel nuovo libro (“allora mi raccolgono / fanno collezione di me / gli oggetti a primavera” e “Niente, è che a me piacciono da sempre / le cose mute / quando l’io zittisce / e si alza il volume della voce / non solo degli uccelli / ma anche del silenzio dell’armadio / e del tavolo / della lampada e del letto”). 

La dedica stessa abbraccia il mondo intero, animali e nemici compresi, e piante e pozzanghere, nella pienezza di un fare compassionevole, fondante nel buddismo di tutte le provenienze. La formazione inevitabilmente cristiana della Candiani entra comunque nelle poesie, attraverso l’elogio alla grazia, la forza simbolica del pane e soprattutto nell’idea che ci sia “un male / che fa guarigione”, che la via sia una pratica segnata anche dalla sofferenza, per principio, non per destino, e che dunque guarigione e conoscenza siano sorelle (“cerchi impavida il punto / in cui il male si fa conoscenza”), ma abbiano bisogno del dolore per nascere; acquisizioni anche occidentali: ce lo insegnano Eschilo nell’Agamennone e Cristo che, morendo in croce, espiando i peccati del mondo, si mette, derelitto e abbandonato, al centro del rimosso della civiltà: il dolore non è un castigo da fuggire, un male da combattere bensì l’esperienza che meglio ci dice che cosa siamo, la via che ci conduce nel cuore dell’identità. È nel dolore infatti che quest’ultima rivela la propria natura franta, molteplice, inabbracciabile eppure condizione di ogni abbraccio. Lo scrive chiaramente l’autrice: “io è un abbraccio” che tiene il molteplice ma non lo domina, “come fanno le rondini col cielo” scrive in un’altra poesia, riferendosi alla magia delle parole quando le prendiamo sul serio. E allora essere “briciolitudine” (neologismo che frantuma la solitudine, togliendole astrazione e rifondandola a partire da un intero che rinvia al pane, perduto nell’unità ma presente nella sostanza), non viene vissuto come un dramma dell’imperfezione e dell’incompletezza, bensì con la semplicità di chi riconosce i legami segreti fra gli esseri e l’immenso amore che li fa stare in armonia o in disarmonia: due modi della stessa energia vitale e, per questo, accolti entrambi e benedetti.


La bambina pugile è un libro sul finito, ciascuno perfetto nel suo modo. È spinoziano oltre che buddista, racconto autobiografico segnato dalla perdita, ma non dal lutto, dalla consapevolezza che morire è una dimensione del visibile, del prospettico, più che dell’essere, dentro il quale invece i vivi e i morti dimorano; e se c’è monologo, forse questo è dei morti che parlano con la nostra lingua, abitando i silenzi tra una parola e l’altra, ma anche le stesse parole quando diventano poesia.


Qui alcune sue poesie.

Chandra Livia Candiani è nata a Milano nel 1952. È traduttrice di testi buddhisti e tiene corsi di meditazione. Ha pubblicato le raccolte di poesie Io con vestito leggero (Campanotto 2005), La nave di nebbia. Ninnananne per il mondo (La biblioteca di Vivarium 2005), La porta (La biblioteca di Vivarium 2006), Bevendo il tè con i morti (Viennepierre 2007) e La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore (Einaudi 2014). È presente nell’antologia Nuovi poeti italiani 6 curata da Giovanna Rosadini (Einaudi 2012).

8 commenti:

  1. non so.. quello che ho potuto leggere al link, questa tendenza all'anafora e all'aggettivazione, devo dire che mi risulta un po' claustrofobico..
    pur leggendo l'originalità e la franchezza, nonché la capacità e la profondità..

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  2. Grazie, Stefano, la tua lettura mette bene in evidenza lo spessore della poesia di Chandra Livia Candiani, un aspetto da mettere alla pari della sicura fluidità, chiarezza e leggerezza del verso. Ma sono tutte, le componenti culturali da te citate, come tu ben dici, del tutto fatte carne e mai esibite o intellettualizzate. Sono come lo sfondo, conosciuto e dimenticato, da cui emerge la poesia.

    A dire la verità, caro Stefano, io non ho trovato sorprendente il successo de "La bambina pugile", non lo si può trovare sorprendente conoscendo il percorso e le opere di Livia Candiani. Anche se questo ultimo è il suo libro più maturo, testi decisamente alti si possono leggere infatti anche in "Io con vestito leggero" e "Bevendo il tè con i morti", nel quale si trovano alcune delle poesie più belle che mi sia capitato di leggere sulla morte e sui morti.

    Il successo de "La bambina pugile" perciò secondo me è dovuto alla stima - anzi all'amore, che è quello che si deve alla poesia - dei lettori, che hanno sviluppato un convinto ed efficace passaparola. Infatti, se è vero che il libro ha avuto un buon riscontro critico, non è stato al centro di nessun evento mediatico di quelli in grado di provocare un'impennata delle vendite, come ad esempio la lettura di una poesia di Wisława Szymborska in tv da parte di Roberto Saviano.

    Penso che nei confronti di questa poesia valga quello che dice Tzvetan Todorov, che chi legge le opere della letteratura lo fa «per trovare in esse un significato che gli consenta di comprendere meglio l’uomo e il mondo, per scoprire una bellezza che arricchisca la sua esistenza… Se non avesse ragione, la lettura sarebbe condannata a sparire nel giro di breve tempo» (La letteratura in pericolo).

    Giorgio

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  3. Caro Giorgio, "sorprendente" è riferito al genere (la poesia) che di solito non vende (Zanzotto vendeva nemmeno 4000 copie). Invece è chiaro che un libro come "La bambina pugile" ha le caratteristiche comunicative che le consentono di raggiungere anche un pubblico non professionale. Semmai è da chiederci perché la critica-critica non si è sbilanciata, e lo hanno fatto invece i poeti-critici.

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  4. Caro Stefano, sono totalmente d'accordo. Quello che è davvero sorprendente è il silenzio dei critici-critici, che evidentemente si muovono sul "conosciuto" (in tutti i sensi che la parola può assumere), mancando sicuramente di curiosità - e forse anche di intuito e sensibilità? A questo proposito non c'è dubbio che l'opera che svolgono alcuni poeti-critici con i loro blog è la più preziosa in questi anni ai fini della circolazione della poesia che si viene facendo oggi. Ma anche questa, forse, non è una sorpresa, è una realtà che data da un paio di decenni.

    Per tornare a "La bambina pugile", penso anch'io che il suo successo va attribuito a caratteristiche comunicative che la poesia di Livia Candiani assume in virtù di un lavoro sulla parola, conquistata attraverso una "nuda guerra, / notturna disciplina". Ne deriva una parola che rende evidente anche a un lettore non specialista che leggere poesia vuol dire "trovare... un significato che... consenta di comprendere meglio l’uomo e il mondo" e di "scoprire una bellezza che arricchisca la... esistenza".

    Grazie ancora per l'approfondimento, Stefano, e buon lavoro!

    Giorgio

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  5. Buon lavoro anche a te, carissimo!

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  6. Grazie di questa lettura, come sempre precisa e approfondita. E ti dirò che il riscontro di vendite e attenzione di Livia Chandra è confortante, soprattutto perché giunto un po' al di fuori dei circoli ufficiali (anche se comunque si parla di una raccolta di Einaudi): conforta perchè allora è possibile che una autrice di valore emerga con un libro di valore, come dovrebbe sempre accadere, indipendentemente dalla critica-critica. O meglio con un percorso di valore, perché anche i lavori precedenti sono di spessore notevolissimo, e io ammetto di essere fortissimamente legato a Bevendo il tè con i morti per motivi personali e non per una classifica fra le raccolte di Chandra.

    Francesco t.

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    1. ho letto in giro di circa 7000 libri venduti. Sarebbe bello se fosse vero.

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  7. non ho voluto fermarmi a quei testi e ho cercato.. forse è anche il tema che non mi cattura, ma ho trovato una poesia da “Bevendo il tè con i morti” in cui mi sono davvero trovata e di cui gli ultimi due versi mi hanno colpito moltissimo:
    La voce dei morti
    è quell’aria
    che intorno a loro
    si fa pace, quelle pieghe
    di ordinario silenzio
    moltiplicato fino a zittirci,
    in punta di silenzio
    cammina chi resta e piega
    vestiti e carte come
    fossero sipari e sbircia
    l’attimo abbagliante
    la coda di scintille
    che indossano i morti.

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