mercoledì 12 dicembre 2012

Armando Bertollo scrive su Gio Ferri



Per poter apprezzare appieno nella loro specifica complessità le cantiche de "L'Assassinio del Poeta", il poema interminabile di Gio Ferri, pubblicato da Anterem Edizioni a partire dal 2003 con i primi nove canti e arrivato nel 2010 al XXXV, è consigliabile, in particolare ai novelli esploratori di poesia contemporanea, aver frequentato un Corso di preparazione pre-poetica. Corsi di approccio alla poesia contemporanea non ce ne sono molti, ed è un peccato, potrebbero essere utili 'traini' verso una 'galassia' di scritture che per lo più rimane sotterranea anche ai potenziali lettori. E' importante che il lettore della poesia di Gio Ferri sia preparato, perché solo così potrà riconoscere e apprezzare appieno le continue citazioni, parafrasi, allusioni, mascheramenti, che ri-portano nel con-testo 'materiali' da tutta la tradizione in versi italiana e occidentale. Si fa molta strada nel testo percorrendo versi ottonari e novenari, la metrica tipica della cantata popolare, ma poi si incontrano altre forme di messa in scena della scrittura, che ci conducono anche alla prosa poetica e alle sperimentazioni linguistiche di tutto il Novecento. Si incontrano in questo viaggio dal tono parodistico e 'picaresco', tracce di classici greci e latini, del 'dolce stil novo', della Divina Commedia, dei poemi cavallereschi, della poesia barocca, del Leopardi delle "Operette morali" e poi del simbolismo, del surrealismo, del teatro di Beckett, delle neoavanguardie... Non è certo scrittura innocua, questa di Gio Ferri, è poesia che prende posizione, che cerca di orientarsi e di orientare il lettore attraverso una premeditata azione di disorientamento. Il paradosso è posto come realtà di fatto. Si vive, in fondo, nel paradosso. La poesia e l'arte non sono, forse, ardite utopie paradossali? Accedere al paradosso e temporaneamente accettare la perdita delle consuete coordinate di orientamento, sperimentare questa vertigine 'dionisiaca' nel pensiero poetante, diviene, in queste pagine, azione terapeutica. Azione che interrompe ogni illusione di verità data, e rivela l'unica verità riconoscibile proprio nel nulla e nel suo 'temporaneo annichilire' nella molteplicità fenomenica, in questo caso dei significanti/significati, in piena coscienza della lezione di Andrea Zanzotto. Il viaggio dell'attempato Commissario alle prese con una serie di omicidi che lo portano ad indagare nell'ambiente della poesia, non è lontano anche dal rinverdire atmosfere felliniane. Dalle quali poi diventa naturale ritrovarsi in una specie di moderno 'satyricon', ricco di avventure erotiche più immaginarie che reali, appunto, surreali. Ci troviamo in un intreccio di piste e trame sempre fuorvianti, che rimandano sempre ogni possibile soluzione. Eppure emerge chiara in tutta questa complessità la situazione problematica in cui si trova la poesia e l'arte contemporanea. Dove è quasi scontato ricordare ancora che il livello di originalità di un'opera, è troppe volte inversamente proporzionale alla sua immediata commerciabilità. Il Gio Ferri poeta, non smette di essere il Gio Ferri critico militante: pur camuffando nomi e cognomi non si sottrae alla sua indole. Con la sua riconosciuta onestà intellettuale, cerca di discriminare l'erba buona da quella cattiva, di indicare al lettore una via, di spiegare ciò che per lui è valore in poesia e arte. Una via, comunque, ed è importante ribadire questo, non una meta. Una via fatta di attenzioni e interrogazioni. E' indubbio che quest'opera sia ambiziosa. Ma non è un difetto. Non può essere un difetto se un autore cerca di lasciare di sé la traccia più completa possibile, di coniugare passione, scienza e conoscenza. Questa è un'azione etica. Gio Ferri non si preoccupa del numero dei suoi lettori, di certo egli sa che chi lo vorrà leggere fino in fondo, e in questo viaggio, anche comprendere, dovrà avere gli 'attributi'. A un lettore così non mancheranno piaceri e salutari distrazioni, ma anche importanti stimoli per una personale riflessione sullo stato attuale delle cose poetiche.

Armando Bertollo, 12 settembre 2012


Scrive Gio Ferri, a proposito del proprio libro:

L’assassinio del poeta è un enigma, com’è abbastanza normale per qualsiasi assas­sinio. Un giovane è stato trovato morto e sfigurato sui binari della ferrovia. Pare che sia un poeta assassinato. Da chi? Forse da un altro poeta? Poeta è l’assassino o l’assassinato?

Un attempato e ancor piacente Commissario, di media buona cultura, come tutti i Commissari d’altr’onde, s’intromette per ovvie ragioni d’indagine nel mondo della poesia e dell’arte, e riscopre piaceri, diciamo pure estetici, comunque senti­mentali, dimenticati fin dai tempi del liceo. Piano piano, trascurando un poco il suo compito istituzionale, si riavvicina per l’appunto alla poesia. Quasi credeva che in giro non ce ne fosse più. E' vero che trova una situazione assai trasforma­ta, dai tempi della sua giovinezza. D’altronde se l’enigma del delitto potesse mai essere risolto, è in quell’ambiente che può trovare qualche utile indizio.

E gli nasce anche un sospetto: che la Poesia medesima sia la vera colpevole, ai danni di ogni logica (anche investigativa), o discorso comune, cosiddetto di buon senso.

Per ora tuttavia la storia appare interminabile. Si scrive quindi (forse da solo, co­me si usa oggi ritenere) un poema interminabile. I Canti I-IX sono stati pubbli­cati nel 2003 da Anterem Edizioni, Verona, con il titolo L’assassinio del poeta. Chanson de Geste Exécrable.

Qui, con i disegni di Romolo Calciati, si pubblicano i Canti X-XV. Ma non saran­no gli ultimi. Se ne parlerà per lungo tempo, se il trascrittore della vicenda, per sua fortuna, e per sfortuna dei pochi lettori ,a lungo dovesse sopravvivere. Sebbe­ne in una storia di delitti... I lettori di poesia, poi, in genere, sono assai crudeli....

Per chi non lo sapesse (ma chi non lo sa?) il sottotitolo La femme égorgée  è a sua volta il titolo di una scultura surrealista di Alberto Giacometti. Qui è co­munque congeniale ai disegni dell’amico Romolo Calciati.

Alcuni passi dei Canti X-XV sono stati pubblicati in anteprima dall’Annuario Odradek, 2004.



CANTO TREDICESIMO



In cui si narra che il Commissario cerca, invano, di trarre un teorema dai due omicidi ( e loro scarse prove) che, ormai, lo coinvolgono non solo a livello professionale.




Indaga prega minaccia
slaccia dislaccia silenzi:
gli amici amanti e quanti
poeti poetucci pittori
gli attori gli editori
menefreghisti affaristi
libri libercoli, i detti
sottili, le intelligenze


illuse ottuse sprecate,
letture sogni di segni
persi gli umani sostegni.
Mano per mano alle prese
anno per anno e più
mese per mese, eppur l’ora
per ora, analisi mai
arrese. Non c’è indizio


valente giudizio. Una
voragine un precipizio.
Unica testimonianza
- ed è d’invana importanza? -
quei dolci versi necrofili
dispersi, lasciati ai bianchi
cadaveri — rossi striati
di sangue, anima che langue.


C’è il dono del Vecchio Poeta.
Tace vanito, accecato,
sa, non sa, non vuole, dir
suole: “Sono angeli, angeli”.
e si sfugge con la sua
verità metafisica.
Pur quantunque l’assassino
sia una persona: un poeta?


Oppur che disprezza e spezza
quell’in-sfinita bellezza.
La Giardiniera e Frisette
sono ormai fantasmi come
Ada e Saffo, così colei
che canta l’amore d’ogni
giorno. Seppur trasparenze
idea vaga circomplessa


presenza assente valente
senso entità della mente.
C’è un’incombente gioia
della vita che taluno
non sopporta per l’eccesso
o per solingo difetto.
Troppo ama troppo è amato
oppure mai è pur amato.


Scarnìto nel suo lamento
uccide perch’è ucciso,
evapora perchè ha ucciso.
Dov’è? Ormai si scolora
nella trasparenza dell’aria.
Intorno, vicino, dentro
di me. Che sa? Che amor vuole?
Che mai confessa nelle ore


passionali o maledette?
Ciascun di noi è l’assassino?
Si srotola quel dolore,
l’amore, ad ogni creatura
ogni arsura della mente.
Se dentro mi cerco - come? -
trovo la semenza della
morte? Vita d’ogni sorte.



CANTO QUATTORDICESIMO

Il Commissario incontra il professor Peter March, letterato e psicologo, che gli rivela le contraddizioni della prassi rispetto al mondo inspiegato della poesia. Non c'è compromesso. Il Commissario decide di dimettersi dal suo incarico.


Mister detective, honest man,
my friend, non vi riporrete
viando la conciliazione
pur sempre preindisponibile.
L’umano scibile sa:
carnale senso sol si fa.

                                                 Ma il nostro intuibile nesso?

Curiosa domanda della

corteccia, è frale nella
ragionevole pretesa
d’una riposta risposta
dal rettilio materico
limbo: egli è siccome un
bimbo, dai gesti attivi e
sensitivi impersuasivi.

                                                 Eppure sono le cose

                                                 quello che sono, pur reali
                                                 pur anche consequenziali.
                                                 Molto fatto, molto è dato.


My friend, fare della prassi
non è - com’egli parrebbe -
l' invasivo fare del
poiéin. L’atto irragionato
del limbo nella tua atavica


mente, che mai non si smente,
egli è pluriverifico
plurisensico, oltremobile
sempre verace e ancor sempre,
abile, inverificabile.


                                                 Eppure anche l’istintuale
                                                 poiesi ha le sue ragioni.


Le sue ragioni, my friend,


non le ragioni dei nessi
connessi: le irragioni
di quelle sue vere e a
noi ingannevoli prolessi.


                                                 No! No! La poesia, mi sento,
                                                 ha pur essa il suo buon senso.


La poesia, my friend, è solo
energia. È  stato detto:


" Battito battito transita
l’Energia... Oltranza diabatica
dell’Energia... Il Comun Senso
...pur avverte l' insistenza
brusca a tali taccheggianti
scossoni... E pure impulsa
il Senso Comune, ma...
...ma per avidità... e per


varizia salvadanaia..."*


                                                 Mio teorema! Così la
                                                 poesia non riporta alcuna
                                                 prova e non s’addestra al senso
                                                della logica d’un qual
                                                siasi Senso Comune?


Così è, così è my friend:
o legittimi il buon senso


o disisparisci nella

energia della poetica
follia: in cui sta verità.


                                                Lascio vita e vita e gli
                                                tant’anni bruciati amari
                                               dislacciati solitari.
                                               Ma cerco e ricerco ancora
                                               fuor dai miasmi, a miei fantasmi.



·       Parafrasi sintetica da Itto Itto di Edoardo Cacciatore (Manni, Lecce 1994).



GIO FERRI. Poeta, Poeta visivo, grafico, critico d’arte e letteratura. Fondatore nel 1983 e condirettore, con Gilberto Finzi e Giuliano Gramigna, della rivista “TESTUALE, critica della poesia contemporanea”. Fra le sue opere poetiche più recenti, per Anterem Edizioni, Verona, il primo libro de L’assassinio del poeta. Canti I-IX

ROMOLO CALCIATI. Pittore, grafico, scultore. Fra i protagonisti dell’arte italiana e internazionale del secondo Novecento e dei primi anni del nuovo secolo. Interprete originalissimo del Neosurrealismo e del Neodada. Patafisico fra i patafisici Enrico Baj, Vincenzo Accame, Ugo Nespolo, Roberto Sanesi. Innumerevoli le mostre in Italia, in Europa e Oltreoceano. Sue opere si trovano nella gallerie d’arte moderna in tutto il mondo.



12 commenti:

  1. la poesia e l'arte sono ardite utopie paradossali

    concordo!

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  2. quando è poesia, non è mai scrittura innocua.
    quasi cinevisivo. intressante lettura di Armando.

    un abbraccio

    alessandro ghignoli

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  3. certo, avendo letto soltato questi versi, difficle, anzi, impossibile farsi un'idea
    d'altronde la premessa che si necessiti di armi appropriate per comprendere, spaventa chi non le abbia (me)
    però dopo aver riletto molte volte questo passo, ho la sensazione di trovarmi davanti alla sintesi della vita umana e al valore di parole che sono musica composta con talento e tecnica

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    1. Gio Ferri è un intellettuale e un poeta: le due cose non si scindono.

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    2. e invece si scindono benissimo!
      l'intellettuale è legato all'intelletto (somiglia più a un filosofo:-)
      il poeta alla pelle.
      la mescolanza genera un embrione
      ciò che diviene dipende dall'uomo

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    3. in Ferri non si scindono. Ogni poeta ha la propria cifra, la propria mistura. dici che questa scrittura è embrionale?

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    4. decisamente in più punti.
      conoscere il poeta può essere un vantaggio
      (io non ho questo privilegio:-)

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  4. Mi auguro che questa operazione coraggiosa si concluda. Mi fa ricordare di quando da ragazzino mi divertivo a imitare le chansons de geste, poi sono caduto nelle trappole dell'endecasillabo e ci son voluti anni per recuperare una maggior libertà metrica. A giudicare dai versi che si leggono, il lavoro sembra insieme ricco e piacevole e non importa che diventi anche popolare: chi cerca la popolarità scrive polizieschi in prosa, non in poesia.

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  5. E' splendida 'sta cosa...

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  6. nei prossimi giorni posterò un altro canto

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