martedì 8 maggio 2012

Laura Liberale



Se davvero, come scrive Pavese, in ogni poeta torna ossessivamente il mito personale e il compito della scrittura sta nel farlo rivivere nelle proprie maglie, quello di Laura Liberale ha a che fare con il mistero della morte. Tanatoparty (Meridiano Zero, 2009), suo romanzo d'esordio, ne è la testimonianza portata all'estremo, nella misura in cui condensa in sé tutte le altre sue passioni: la poesia, l'estetica, l'induismo, la critica alla civiltà dello spettacolo. Questo romanzo, infatti, concentra in pochissime pagine (forse troppo poche) lo scibile sull'esperienza della dipartita sotto il profilo medico, antropologico, religioso e mass-mediatico con la dominante, in sottofondo, che l'arte possa vincere la caducità, non solo metaforicamente, specie dopo la "plastinazione" con la quale un corpo viene conservato, prima svuotandolo da liquidi e grassi sostituiti con polimeri di acetone e poi indurendolo con gas. Cosa c'entri tutto questo con la poesia, lo lascio scoprire ai lettori. Do soltanto l'indizio che la protagonista, defunta dopo una vita di reading performativo, sembra la combinazione, mostruosa eppure affascinante, di Patrizia Valduga e Gina Pane.

Ho citato questo romanzo perché, come la sua ultima silloge poetica, prende la sua forma ossessiva dal tentativo di elaborare il lutto paterno. Nata nei giorni della malattia del genitore, Ballabile terreo (edizioni d'If, 2011) ne racconta infatti il dramma storico ma, a contare maggiormente, è il confronto che Laura Liberale istituisce con la sua figura simbolica. "Colossale Mito" definisce l'amata figura, verso la quale nutre un amore-timore che supera la biografia per fondarsi appunto nel mito: "Nemmeno da morente / vuoi rinunciare al ruolo / rifiuti la muta di una pelle / ormai inservibile / fino all'ultimo ti ribadisci", commenta lei, sapendo che il mito protegge a patto di nutrirlo col proprio sangue. In questo ambito – il sacro – con le parole non si scherza: il sangue è vero, il patto eterno e fondativo per l'intera comunità. Forse per questo, Laura Liberale riscatta questa pesantezza, che chiede l'assunzione responsabile della lingua dell'alleanza, attraverso le parole della poesia, la cui lingua consente il gioco ed è una pratica individuale. Lo aveva già scritto in Sari (edizioni d'If, 2009), dedicato alla figlia neonata: "Ci giocherai, vedrai, con le parole. / Potrai fondare analogie / creare insospettate connessioni / un tuo esoterico vocabolario / la lingua dei Misteri Sariani. / E se saprai anche farlo bene / [...] / capiterà di trovarti poeta". Le parole della poesia sono leggere perché portatrici di sonorità slegate dalle catene semantiche (che sostanziano il patto della comunità parlante, con le sue regole imprescindibili), al punto che, in Ballabile terreo, "adenocarcinoma" diventa "un settenario [...] cantabilissimo", un suono "pagano e orfico", che rima con "pleroma e aroma".

Per dire, tuttavia, come delle parole non bisogni fidarsi ciecamente, si osservi la circostanza che la prima parola, pleroma, rinvia alla pienezza di Dio, alla sua onnipotenza. E dunque è parola con la quale, involontariamente, la poetessa rifonda l'autorità del padre, pur stemprandola con l'altra rima, aroma, e con la suggestione mistica dell'orfismo precristiano. La Liberale si muove invero sempre con questo doppio passo, ben evidente in Ballabile terreo sin dal titolo (la leggerezza del ballo, la pesantezza mortale della terra) e dall'uso delle parentesi, nelle quali problematizza, contesta, mette in crisi, quanto asserito nel verso precedente. Si veda Onirica (Homo bulla) e soprattutto "imparolirsi Sparolirsi", costruzione binaria, per termini antitetici, degli emblemi della vita e della morte. Ed è questo infatti il nucleo profondo del discorso di Liberale, certo in debito con la tradizione buddhista: la morte è un trapasso verso altra vita, e la vita è un passaggio in cui ci prepariamo a morire. Il doppio passo tiene insieme filosofia ed esistenza, psicologia e poetica, i quattro cardini terrestri entro i quali Laura Liberale si gioca il destino di donna e di scrittrice.



Tre domande a un dottore

1

Per cortesia, ne ascolti il suono:
adenocarcinoma
un settenario, dottore, dunque cantabilissimo.
Senta come s’impone, pagano e orfico
con le sue prime tre.
Come vada poi a strozzarsi sulla quinta
quasi prendesse di sé quel tanto di paura
(se prova a dirlo piano
è lì che in bocca fremono le salivari).
Con le restanti due tutto è compiuto
la chiusa del definitivo.
Ma ha mai pensato che fa rima
con pleroma e aroma?
Che abbia anch’esso tutta una pienezza
l’effluvio di se stesso o qualcos’altro?
Qualcosa che ci sfugge per terrore?


2

T3b N1 Gleason 9
una stella scoperta l’altro giorno
una gradazione d’azzurro
nella cartella-colori delle vernici
un prototipo d’inceneritore a energia solare
un nuovo font per il PC
il punteggio massimo per tre volte consecutive
sulla metà più una
delle macchine di una sala giochi.

È davvero così certo
di parlare del tumore di mio padre?



**


Il bimbo grasso - anni non più di tre -
infilato nella divisa del celebre attaccante
lo incroci sulla strada per il mare
e in un secondo sghembo
gli lanci la tua palla sferragliante pena
beccandolo diritto sulla fronte riccia.
E quando inaspettatamente ti saluta
(un ciao che più leggero non potevi immaginare)
t’ammonisci di vergogna e mediti che no
il tempo non gli manca
la partita è appena cominciata
e che potrà anche farcela
ciccio bruno svolazzante
piumino che da sopra ti sorride.



**


Tra le due la destra era la preferita
- la sbreccata - di caviglia
il boccone che la vita le ha avanzato.
E non le parole
osteomielite, tetano, forse forma tumorale
erano impressionanti
e neanche Cottolengo
nome antroso d’ospedale
quanto l’accenno alla degente
catatonica per i bombardamenti.

Anche con mia madre, papà
come con tutto il resto
a interessarmi è sempre stata
la mancanza, il pezzo assente
(insieme a ciò che è di troppo
all’escrescenza che non dovrebbe
eppure c’è). 



**


Imparolirsi      Sparolizzarsi

Accumulare/     Disperdere/
                               accumularsi      destratificarsi   

Sedimentarsi     Squagliarsi

Immanentizzarsi     Assolutizzarsi

Se fossero questo vita e morte
(che simulacro d’azione
nei verbi di un morire siffatto)…
Il guaio è che a sinistra trovi pure:
bere il latte la mattina
infilare le mani nel grasso della terra
pedalare in saliscendi
fare l’amore e intrecciare le lingue
 quando non parlano
ridere fino alle lacrime
come quando il figlio si tuffa fuori dal ventre.
Di questi verbi nessun opposto attivo è dato.
Soltanto il non. La negazione.
Così si trema.
Tremare
verbo di sospensione
tra la nostra vita e la nostra morte.



**

“Non fare quella faccia”
le tue ultime parole.
Così si chiude un dialogo
lungo trentacinque anni:
con un rimprovero esalato.
Nemmeno da morente
vuoi rinunciare al ruolo
rifiuti la muta di una pelle
ormai inservibile
fino all’ultimo ti ribadisci.
E dunque ancora mi proteggi da me
dagli occhi che divorano in angoscia
la tua morte
specchiandotela infami.
Proteggi e pure chiedi protezione
mi esigi madre e psicopompo
che spenga in volto le spie paurose
e per te accenda
la verosimiglianza della quiete.




Laura Liberale è nata a Torino il 15 maggio 1969, si è laureata in Filosofia con una tesi di Religioni e Filosofie dell'India e dell'Estremo Oriente. Dopo la laurea ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca (in Studi Indologici). Svolge attività di traduzione e da parecchi anni si dedica alla produzione poetica.
Ha pubblicato le sillogi Sari (poesie per la figlia), 2009, e Ballabile terreo, 2011, entrambe per le edizioni d'If. E' presente in Nuovi poeti italiani 6, di immenente uscita presso Einaudi. Il suo primo romanzo, Tanatoparty è uscito presso Merisiano Zero nel 2009. In giugno esce Madreferro (perdisa editore)

2 commenti:

  1. A mio avviso molto belle. Quest'ultima poi... davvero toccante. Un cordiale saluto e un complimento all'autrice.

    Gabriele Gabbia

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  2. Ottimi versi quelli di Laura.
    Calibrati, vivi, capaci di rigettare le crepe del quotidiano mantenendone l'intensità.

    Complimenti,
    Marco Scarpa

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