mercoledì 18 maggio 2016

Loredana Semantica presenta l'antologia "LA PRIMA ROSA"

Fenomenologia o metonimia della rosa

La raccolta La prima rosa rappresenta un sunto del lavoro svolto nel gruppo facebook segreto La rosa di nessuno, amministrato da me, Deborah Mega e Maria R. Orlando.

I testi pubblicati nel gruppo sono organizzati nelle seguenti sezioni
1) LA ROSA IN POESIA: poesie/testi d'autore pubblicati nel gruppo dai partecipanti
2) LE NOSTRE ROSE poesie/testi di proprietà intellettuale dei partecipanti al gruppo
3) ROSE DI POESIA le più belle poesie mai lette proposte dai membri nel gruppo 
Le foto/immagini che si riferiscano alla rosa sono raccolte in due sezioni:
4) ROSE D'AUTORE: immagini/foto proprie dei partecipanti e postate nel gruppo
5) ROSE IS A ROSE IS A ROSE IS A ROSE: immagini/foto tratte dal web e postate dai partecipanti nel gruppo.

Il libro raccoglie parte della produzione delle sezioni LA ROSA IN POESIA e ROSE DI POESIA, e tutte le poesie della sezione  LE NOSTRE ROSE. Le immagini inserite nella raccolta sono una selezione esigua della ricca collezione presente nel gruppo.

Con la raccolta dal titolo La prima rosa  e col gruppo facebook La rosa di nessuno prende corpo un’idea che risale a molti anni fa, quando nella ricerca ch’è propria di ogni artigiano della parola, mi accorsi di quanto essa fosse inadeguata a comunicare pienamente ciò che albergava nella mente, non solo nell’ordinarietà del conversare giornaliero, non solo nell’esporre saggistico o filosofico massimamente esplicativo di sistemi, ordini e orizzonti, ma anche e specialmente, quando il nucleo fosse così profondo e potente da invadere in afflato anche cuore, polmoni, ventre.
Noi ci rivolgiamo ai segni, ai suoni, ma nella traduzione del pensiero è inevitabile che si perda la portata più profonda e complessa del messaggio, similmente a quando si ascolti una voce riprodotta invece che dal vivo, o si dipinga una tela rispetto all’immagine reale, oppure si modelli la materia in una forma che non è quella di carne e sangue.

Tutto questo lo dice con splendida sintesi Giorgio Caproni nella sua poesia dal titolo 

Concessione.

Buttate pure via
ogni opera in versi o in prosa.
Nessuno è mai riuscito a dire
cos’è, nella sua essenza, una rosa.

Ecco la parola, i suoni, i segni non hanno abbastanza vita, perché nonostante ogni nostro sforzo noi uomini non siamo la natura e nemmeno Dio, non siamo artefici del tutto e della vita, siamo parte della natura e, per chi crede, prodotto del respiro di Dio, non siamo l’assoluto ma solo una sua infinitesima e transitoria particella.

La presa di coscienza di tutto questo può avvenire propriamente dopo molteplici sforzi comunicativi più o meno fallimentari nell’attimo in cui ci fermiamo in silenzio e osserviamo con una speciale attenzione una forma che sia quintessenza di perfezione. La rosa è approdo di tanto navigare, oggetto ideale d’osservazione, catalizzatore del pensiero.

In tutto questo florilegio di rose il rischio tuttavia era quello del saggio che indica la luna mentre tutti guardano il dito, cioè che l’oggetto che voleva essere segno  diventasse estetica contemplazione dello stesso,  nel trionfo della fenomenologia della rosa anziché nell’affermazione della metonimia della stessa.

Qualcuno avrà anche messo in gioco più o meno consapevolmente il pregiudizio. La rosa nell’idea popolare è roba da donne, come tutti i fiori del resto.  Si regalano fiori forse a un uomo? Delicata e romantica, la rosa è simbolo di bellezza, di passione, delle rose si fa gentile omaggio a una bella donna, un fascio di rose rosse magari per esprimere passione, bianche per la purezza, gialle come la gelosia, ma certo per noi della rosa di nessuno la rosa non parla solo un linguaggio di colori, né il loro messaggio è così semplice e immediato e, più in profondità,  nemmeno tanto gentile.
Un’altra critica potrebbe essere mossa all’inutilità di rivolgersi alla celebrazione di bellezza, armonia e grazia, mentre intorno soffiano venti di odio, di povertà, mentre i popoli si spostano in massa in quelle che nei titoli di stampa sono migrazioni, quasi si trattasse di animali in transumanza e non di popoli in fuga, ma che la storia tramanderà come esodi, mentre gli attentati fanno stragi, i tagliagole impazzano e i governi annaspano nel governare la confusione, dove il capitalismo ha mostrato tutti i suoi limiti, le economie boccheggiano, incapaci di risorgere, nella quale poteri occulti muovono per lo scontro e non per la pace, dove tutti siamo vittime di qualcuno e non padroni delle nostre vite.

Sì, ci rendiamo conto che sono obiezioni possibili, ma d’altra parte, replichiamo che occorre vivere  finché la morte non bussa alle porte, occorre sperare finché non tutto è perduto, è necessario proporre modelli, anelare ai sogni, costruire bellezza, rivolgersi ad essa. La rosa di nessuno si propone d’essere la nostra Arcadia, un luogo  di armonia, bellezza e perfezione, dove si cerca l’incanto della vita e non la sua piaga, si condivide piacere e non ansia e angoscia. Come i dieci giovani del Decamerone, mentre fuori infuria la peste, si riunirono attendendo di superare le crisi, similmente noi proponiamo un luogo di piacevole evasione, che diventa l’arma con cui le rose si oppongono al vento di disgrazia che soffia sulla terra, la bandiera della la propria ribellione, della propria resistenza alla brutalità e alla bruttezza del mondo.

Potremmo dire allora con Fedor Dostoevskij la bellezza salverà il mondo”? In verità noi abbiamo una sola certezza ed è che la bellezza esiste, mentre dubitiamo che essa possa la salvezza, perché non può esservi alcuna certezza di fronte all’orrore del mondo, al suo scempio, alla tragicità della condizione degli uomini ingabbiati nell’odio, vittime e carnefici in preda alla violenza.

Consapevoli dell’affanno dell’esistenza, acquista senso l’aver scelto La rosa di nessuno come nome del gruppo facebook, traendolo dall’omonima raccolta di Celan dove è inserita la bellissima “Salmo” dello stesso Celan.

Salmo

Nessuno c'impasta di nuovo, da terra e fango,
Nessuno insuffla la vita alla nostra polvere.
Nessuno.

Che tu sia lodato, Nessuno.
È per amor tuo
che vogliamo fiorire.
Incontro a
te.

Noi un Nulla
fummo, siamo, reste-
remo, fiorendo:
la rosa del Nulla,
la rosa di Nessuno.

Con
lo stimma anima-chiara,
lo stame ciel-deserto,
la corona rossa
per la parola di porpora
che noi cantammo al di sopra,
ben al di sopra
della spina.

La rosa vuol dunque essere anche simbolo della ricerca profonda e intima dell’ assoluto,  di quel Nessuno che dà senso al nostro andare, origine e meta dei nostri passi.

Rosa paradiso, rosa mistica, rosa divina, rosa creatura, rosa bellezza. Come non ammirare lo splendore e la freschezza dei petali di una rosa, il suo vellutato colore, il composto e misterioso raccoglimento verso il cuore dei fogli sovrapposti dei petali, labirinti avvolgenti e curvi quasi a racchiudere il mistero dell’universo, l’origine della vita, l’occulto, l’incomprensibile, il nascosto. Il sentimento che pervade l’attento osservatore di una splendida rosa è l’ammirazione, ma insieme a quello un altro si fa subito strada, s’insinua sottile e non appariscente soppiantando il primo moto semplice e immediato di ammirazione, ed è un sentimento di angoscia che deriva dall’impossibilità di afferrare, possedere, penetrare, trasmettere, creare, diffondere e far prevalere quell’ineffabile bellezza della quale la rosa è  forma sontuosa.

Per questa via oscura la rosa suscita anche la malinconia  del sapere che quel vertice di perfezione, quella forma di bellezza indicibile è inevitabilmente destinata a sfiorire, a piegare il capo allo scorrere del tempo, perdere freschezza, morbidezza, raggrinzire in un corpo secco e morire.

Perciò con Rainer Maria Rilke, citando il suo perfetto epitaffio, riconosciamo alla rosa il segno della predestinazione, le stimmate della contraddizione, diamo infine alla rosa anche una simbologia antinomica da anelito di salvezza a ineluttabilità  della fine; rosa, stupenda ed effimera, i cui petali, come palpebre innumerevoli chiudono gli occhi a tutti gli uomini nel sonno condiviso di nessuno.

Rosa, contraddizione pura, piacere
d’essere il sonno di nessuno
sotto sì tante palpebre.

La rosa nella sua essenza celebra il fallimento del desiderio che la bellezza pervada il mondo e lo salvi, ma nel contempo, con la sua presenza è testimonianza che la bellezza vive e respira, che si lascia possedere almeno dai sensi e, quando l’anima è particolarmente in sintonia con l’universo, una rosa cosparsa di gocce di rugiada che riflettono la luce e i colori del mondo circostante regala lo stesso ineffabile piacere che genera l’osservazione del cielo stellato, dal quale scaturisce un senso di ringraziamento di esistere: creatura tra le creature viventi e benedette dell’universo.


2 commenti:

  1. Grazie Stefano di aver ospitato La prima rosa su questo storico e prestigioso blog.

    Loredana

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    1. Fra i primi commenti a questo blog, 10 anni fa, c'è il tuo. La fedeltà, si premia. Ma soprattutto il vostro libro è bello, e questo conta ancora di più.

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