mercoledì 22 ottobre 2014

I giovani poeti e i concorsi di poesia


Ci sono centinaia di premi poetici ogni anno in Italia, alcuni dei quali prevedono la pubblicazione gratuita della silloge, ma da qualche tempo si sta assistendo a un fenomeno strano, per cui i giovani poeti rinunciano a parteciparvi. Non è la prima volta che mi capita la situazione in cui, dato un bando che garantisce la serietà della giuria e la qualità della pubblicazione, il concorso va deserto o quasi. Capita, almeno per ora, allo ZENIT progetto Poesia < 40, bandito da La Vita Felice che prevede la pubblicazione di un’antologia con 10 autori under 40. C’è tempo per la scadenza del premio (15 febbraio 2015), ma qualche riflessione merita già un suo spazio.

La mia impressione è che i premi di questo tipo vadano tendenzialmente deserti per le seguenti ragioni:

1)  La poesia edita su carta, da quando c’è il web, ai giovani pare non sia più indispensabile. C’è la convinzione che  pubblicare in rete o con un piccolo editore sia la stessa cosa. Anzi in rete, dicono, si è più letti.

2)  Vincere un concorso, e vedere quindi la propria opera pubblicata (specie se su antologia), prelude all’acquisto di alcune copie, non per vincolo del regolamento, ma per poterle poi regalare agli amici e spedirle ai critici. Tanto vale, pensa il giovane, pubblicarsi in proprio le poesie. La spesa si equivale (ma questo è tutto da verificare). Io dico che un libro autoprodotto o edito da un editore-stampatore che non seleziona gli autori non è la stessa cosa che uscire con un editore certificato (e ben distribuito). A certificarlo è il suo parterre.

3)  Forse i poeti più bravi fra i trenta e i quarant’anni hanno già pubblicato, per cui partecipare a un concorso dove uscirebbero con altri, sembra riduttivo.

4) Forse i poeti under trenta vivono una precarietà talmente diffusa da non sentire l’esigenza di pubblicare un libro di poesia. È una questione di ‘essere presi da altri problemi’, ma anche di sfiducia nell’operazione culturale che il libro comporta oltre che nella consapevolezza che esso non darà né il pane né la notorietà.

Queste ipotesi andrebbero verificate. Invito dunque i giovani poeti, ma anche gli altri, a dire la loro nei commenti. Grazie.


22 commenti:

  1. Punto 1. Sul web si è più "diffusi", anche nel senso della dispersione certo. Ma anche come distribuzione. Punto 2: gli editori certificati non son sempre ben distribuiti. Anzi, non son distribuiti per nulla, spesso. Vincere un premio per essere pubblicati "gratuitamente" e poi essere in pratica costretti a doverne acquistare numerose copie per essere letti da qualcuno, corrisponde ad una "gratuità" che non è tale. Gli editori non spediscono nemmeno: costa troppo. Solo i premi Giorgi e Anterem, vinto il loro premio, ti garantiscono un numero significativo di copie pure gratuite, e si accollano la spedizione ai critici. Il resto è relativismo del significato di "gratuito". Molti editori trattano la poesia come letteratura da un lato (quando selezionano in base a criteri estetici), e come merce dall'altro (quando pubblicano con criteri economici). Con cortocircuito incorporato. Direte: l'editore fa il suo mestiere (che è far pagare l'autore, in pratica) altrimenti chiude. Bene. Pare che ora la "real-economic politics" la sposi anche l'autore. Ma è lui il colpevole, ovviamente. Si sogni mai l'entourage di amici critici dei piccoli editori di parlar male di loro con il rischio di inimicarsene qualcuno. Ora, se anche qualcuno si autopubblicasse, un libro di 50 euro costa 2 euro a copia circa. Se uno si fa l'impaginazione, un software basta farselo prestare da un amico grafico, e lo si impara ad usare in 3 ore con un tutor online. E con il libro auto-profotto si può pure partecipare ai concorsi per l'edito (tanto nessuno nei bandi specifica che ci deve essere un isbn). Sono d'accordo che questo non è la stessa cosa che essere pubblicati con l'editore. ma la real-ecomic politics mica la può adottare solo l'editore: ora lo fa anche il giovane autore, pare. A meno che non mi diciate che quello tra editore che pubblica, ma che vende 100 copie all'autore a 1000 euro, o l'autore che vince il premio della pubblicazione "gratuita" ma poi l'editore non invia a nessuno, sia uno scambio tra eguali. A me non pare. E forse oggi questo si lega al Punto 4: se la pubblicazione del giovane autore è a pagamento diretto o "velato", credo che in futuro si pubblicherà in base al censo. Giovani autori di famiglia ricca. Giovani autori con famiglia che s'indebita. Giovani autori con eredità della nonna. Giovani autori con vitalizio del padre ex senatore. Giovani autori imprenditori senza debiti in banca. Cose così. Oppure giovani autori che, nell'era del web, si fanno da sè con pochi euro: tanto, non essere letti per non essere letti, val la pena di dare 1000 euro a Tarallo editore (o acquistare 100 copie dopo aver vinto il premio di poesia della Tarallo Editore, che te ne dà 2 copie, e ti suggerisce di acquistarne 50-100 come "investimento" per la tua notorietà futura) o farsi un prodotto in casa, con il 50% di sconto, ed il 150% in più di copie? L'economia ed il calcolo valgono per tutti. Anche l'autore è un' "impresa". La merce non si ferma sulla porta d'ingresso della casa editrice. Grazie,.Vittorio Buonconsiglio

    RispondiElimina
  2. Quindi gentile Vittorio trovi che le mie ragioni siano plausibili? Mi pare di sì. Solo un punto vorrei rilevare: "La vita felice" è tra le case editrici di poesia meglio distribuite: la può infatti ordinare in qualsiasi parte d'Italia e il libro arriva.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Certo. Sono plausibili. Plausibilissime. Trovo la 3 un po' debole. Le altre più realistiche. Grazie. VB

      Elimina
    2. Non conosco la distribuzione de "La vita felice", ma mi fido che sia ben diffusa. La scadenza è il 15 febbraio. Mancano 4 mesi. Un po' presto per deprimersi, credo. Anche se la congiuntura è depressiva e la decrescita infelice (la vita felice è una chimera, in effetti, senza una sana aggressività). VB

      Elimina
    3. Ne conosco parecchi poeti tra i 30 e i 40 anni che hanno pubblicato bene. Non me lo dicono, ma lo so che per loro uscire in antologia è un passo indietro, a meno che non sia Einaudi o quella di Buffoni

      Elimina
  3. Certo. C'è anche quella variabile. Non si tratta di un libro ma di una antologia. Non discuto sulla scelta della casa editrice, che sarà certamente meritevole. Ma uscire in antologia significa meno visibilità per l'autore e, per l'editore, vendere più copie a chi verrà inserito. Il bizness (come lo chiama Micheà), la merce, e la qualità son dure da tenere assieme in tempi di crisi. VB

    RispondiElimina
  4. Ciao Stefano, credo che la questione stia principalmente nel punto 2, ma che andrebbe per questo meglio argomentata, avvalorandola con dei dati verificabili. Dico questo perché per editare e promuovere un libro occorre fare un investimento, e un editore che non chiede agli autori nessun contributo per la pubblicazione fa giocoforza delle valutazioni di carattere economico, e una conseguente programmazione delle uscite orientata al buonsenso, data la qualità dei tempi. Un caro saluto, Luca

    RispondiElimina
    Risposte
    1. sì, il punto 2 andrebbe approfondito, ma questo post ha solo una funzione di "raccolta dati". Del resto la tesi del punto 2 avvalori tu stesso con questa tua testimonianza, visto che sei anche un editore.

      Elimina
  5. Buongiorno. E' bene ricordare nel punto 2 la distinzione tra 1) autoproduzione, 2) editore-stampatore e 3) editore senza nessun altro aggettivo (nemmeno di natura dimensionale). Naturalmente possono uscire bellissimi libri con tutti e tre i sistemi e possono uscire libri di poesia poco interessanti con tutti e tre i sistemi e non è questo il punto ora. L'editore senz'altri epiteti ha una programmazione, una fantomatica o reale "linea editoriale", un piano, il coraggio, uno stile che diventa etica e un'etica che diventa stile, è un editore che fa delle scelte senza chiedere il contributo all'autore (bisogna riconoscere, per chi si intende un po' di poesia, che la differenza sta quasi tutta in questo non chiedere nulla all'autore). Il discorso potrebbe allagarsi e abbracciare l'editoria come sistema, da quella che ancora si vede legata all'esercizio di qualche potere (quale però?) a quella che diventa "entertainment" prodotto-correlato e sostitutivo del Nintendo o del varietà. Noi però dovremmo provare a continuare a parlare di letteratura distinta dall'intrattenimento. Allora, mi chiedo: dove sta il nocciolo di queste discussioni che spesso si fanno e si leggono in giro? Forse sta, almeno in parte, su un piano generazionale: sono quelle giovani citate nel post delle generazioni interessanti in grado di dire/proporre/FARE qualcosa per sé e per quelle che vengono prima e dopo? Esiste poi il "buon senso" citato in un intervento che è un concetto molto interessante, un concetto meno sereno e pacato di quello che potrebbe sembrare a prima vista, un concetto salutarmente irrequieto. Un concetto curioso e poco stabile, che quando diventa "buon senso" incrociato di autore-editore-premi-lettori può dar vita a un ecosistema interessante, rigenerante, che è quello della letteratura distinta dall'intrattenimento. (Del resto il buon senso o "senso comune" ha pure una lunga tradizione filosofica interessantissima, sovente snobbata, che non sarebbe lezioso richiamare). Ma il nocciolo che potrebbe tornare prepotentemente a galla quando si fanno simili discussioni è quello di generazione. Purtroppo anche quello di generazione è ormai un concetto fregatoci dal marketing. Personalmente non ho nulla contro il marketing, la promozione e la comunicazione ma se questi sono privi di prodotto (e servizio) alla base fanno acqua da tutte le parti.
    Buona giornata, Alberto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. la discussione è nata a seguito del post, il quale, in soldoni, chiede: ma perché gli under 40 disertano i concorsi con pubblicazione? domanda che può trovare una sua versione più maliziosa: perché gli under 40 disertano questo concorso?

      Elimina
  6. Ciao, credo anch'io che il fattore principale sia che il premio consiste in un'antologia, e non in un volume di un solo autore. Quest'ultimo si può far girare, può partecipare a premi letterari, ecc. Un'antologia ha poco uso pratico, nonostante l'ottimo nome della casa editrice. Solo un appunto sulla distribuzione: il fatto che il libro si possa ordinare e arrivi in tutta Italia è solo merito delle librerie web, Amazon, IBS, ecc, Per distribuzione si intende una presenza capillare del libro nelle maggiori librerie italiane, il che è molto diverso. Un saluto. Daniela Raimondi

    RispondiElimina
  7. Aggiungo, al post sopra, che praticamente non esiste una vera distribuzione per nessun libro di poesia, nemmeno Einaudi, o altre importanti case editrici la garantiscono, semplicemente perché la poesia non è un prodotto che vende. La distribuzione è relegata alla narrativa e alla saggistica. Daniela Raimondi

    RispondiElimina
  8. riguardo alla distribuzione, ci vorrebbe la risposta di Diana Battaggia, che è responsabile del progetto. A me risulta che La Vita Felice, se la ordini in libreria, ti arriva. cosa che non capita con tutti gli editori.

    Sono d'accordo con te, che un'antologia è poco spendibile se sei già un autore 'in carriera'. Va bene per uno nuovo. Infatti credo sia su questi ultimi che il progetto punta.

    RispondiElimina
  9. Diana Battaggia26/10/14 21:39


    Buongiorno a tutti. colgo volentieri l’invito per partecipare a questa interessante discussione, esponendo il punto di vista della casa editrice La Vita Felice. IL PROGETTO [estratti dal bando] 1) Finalità Nello scenario della poesia contemporanea, in cui si parla molto in generale evitando le prese di posizione, il progetto rappresenta un’assunzione di responsabilità con la volontà di mettere a disposizione del lettore poesia originale e di qualità di autori che la casa editrice desidera affiancare nel loro percorso poetico, al fine di consolidare le loro potenzialità mediante una capillare diffusione e visibilità. 2) Estensione temporale Nato da un’idea di Marco Bellini, è stato accolto con immediato favore dall’editore che ha sviluppato ZENIT POESIA - Progetto 4x10<40 impegnandosi in un’iniziativa che si snoda sul lungo termine: “un percorso temporale di 4 anni che porterà l’attenzione complessivamente su 40 voci poetiche di età inferiore a 40 anni, distribuite in 4 antologi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. gli ospiti chiedevano lumi sulla distribuzione dei libri. Grazie.

      Elimina
    2. Chiedo scusa, ma la risposta era molto più articolata. Forse troppo lunga per essere accolta dal sistema? L'ho riproposta nella sua intierezza a Stefano e chiedo il suo cortese aiuto per pubblicarla. Diana Battaggia

      Elimina
    3. sì, ci sono stati del problemi con il server. Pubblicherò la risposta nella sua completezza nel prossimo post, lunedì o martedì fra una settimana. Scusa.

      Elimina
    4. Grazie Stefano. Diana

      Elimina
  10. non sono (più/mai stato) giovane, se non nel senso in cui l'intendeva Isou, ma under 40 sì e ho una certa riluttanza a definirmi poeta, ma, visto che qualche tempo fa con Stefano abbiamo brevemente toccato gli stessi argomenti:
    1. le enormi possibilità offerte dal web per l'ostensione del proprio ego e/o di scritture potrebbero anche rendere inutile o indifferente il passaggio da una versione cartacea degli stessi, ma la questione è problematica. di sicuro affidarsi ad un qualche blog personale/collettivo elimina le forche caudine della scrematura che una figura autorevole e terza può imporre, col risultato che su internet si trova veramente di tutto. e anche cose senza pudore. da questo punto di vista, pubblicare con un (piccolo) editore o in rete non sono affatto la stessa cosa. è anche vero che alcune cose non sono per nulla pubblicabili, materialmente, dal momento che sfruttano alcune possibilità del web e del digitale (ipertestualità, composizione random, .gif compulsivi...). ma cosa potrà restare di tutto questo quando hardware e software saranno obsoleti? quando blog, siti et similia verranno chiusi dagli amministratori/proprietari (è già successo con splinder)? [per non parlare di scenari più apocalittici come blackout e penuria energetica]. la lettura in rete, poi, potrà anche essere quantitativamente (e potenzialmente) maggiore, ma, di solito, è frammentaria, estemporanea, a salto (non a caso alcuni litblog, ad esempio gammm e diaforia, danno la possibilità di scaricare files in .pdf o e-books, per una lettura off-line) e, quindi, più facilmente distratta. su questo punto, insomma, sono più o meno d'accordo con Stefano.

    RispondiElimina
  11. 2. per quanto mi riguarda, la ritrosia a cercare un editore non ha nulla a che fare con l'acquisto di qualche copia di un'ipotetica [mia?] silloge o di un'antologia. è certo vero che l'imprimatur di un editore garantisce (o dovrebbe garantire) sulla bontà di un prodotto e ne permette una più facile circolazione. lasciando da parte motivazioni psicologistiche tipo un perenne senso di inadeguatezza, il problema è duplice.
    2.1 da una parte non amo partecipare a concorsi(questo non vuol dire che non l'abbia mai fatto o che non lo rifaccia in futuro) o agoni (il poetry slam mica lo capisco fino in fondo...) perché non amo la conpetizione: preferirei che le antologie derivassero da una, anche spigolosa, cooperazione, piuttosto che da una gara che preveda uno o più vincitori e una massa di sconfitti. non credo alla competizione, non c'è competizione sana. potrebbero però esserci dei confronti, amichevoli o spietati, per nulla pacifici/pacificati, da cui far scaturire qualcosa che non necessariamente debba essere scrittura collettiva.
    2.2 dall'altra parte, l'autoproduzione non è semplice analisi costi-benefici, meramente economica. qui entra in gioco quel dispositivo punkettaro del diy: non un ripiego, ma una presa di posizione politica che mirerebbe (per quanto possibile, visto che "non si sfugge dalla macchina") a togliere la scrittura dalla logica dell'industria (culturale), dal ciclo denaro - merce - più denaro, per renderla dono. o, meglio, atto gratuito. velleitario? certo: anche le case editrici (e discografiche) indipendenti sono pur sempre delle imprese che devono vendere un prodotto per non fallire. cambia però l'attitudine, almeno questo. inoltre qui si innesta la questione del superamento del copyright.
    motivazioni ideologiche? sì! come quella che mi fa controllare (fin dove riesco) chi sono gli enti patrocinanti dei premi e a chi fa capo la proprietà di una casa editrice. nessuna pretesa di candore morale, di purezza. per carità! queste sono motivazioni politiche. [ora si aprirebbe la questione del web: dove sono e di chi sono i server? quali sono e cosa fanno le aziende che mettono a disposizione spazi gratuiti per i blog? ecc.]

    RispondiElimina
  12. 3. non sa / non dice
    4. la generazione under 30-40 è immersa in una precarietà strutturale, vero. ma non credo che questo esser presi da problemi di sopravvivenza (ovvio: non moriamo certo di fame, siamo nati dalla parte fortunata del Mediterraneo e pure dell'Adriatico) elimini l'esigenza della pubblicazione. la pubblicazione è un mezzo attraverso il quale si materializza quella particolare forma di "factum loquendi, cioè del puro fatto che gli uomini parlano e s'intendono fra loro" che è la scrittura. per eliminarla, si dovrebbe eliminare proprio questo factum o ridimensionare/rimodulare la codificazione culturale della scrittura. già fatto con la posizione del poeta: ma questo può aprire spazi minimi, crepe, interstizi in cui inoculare ancora il discorso poetico. che possa dare il pane dovrebbe essere una preoccupazione da lasciare a chi insegue e brama il best seller.

    RispondiElimina
  13. Caro Tojo, metti quintali di carne sul fuoco. Alcuni pezzi sono proprio epocali: che ne sarà del cartaceo, che ne sarà della poesia in web?
    impossibile trovare una risposta univoca. In ogn icaso ho riaperto un post, così da poteren affrontare qualcuno, se possibile. ciao!

    RispondiElimina