sabato 12 ottobre 2013

Carla Bariffi su "Le volpi gridano in giardino"


Apro la lettura con una parola che si presenta in maniera forte e determinante: congiungimento, unione, affinità: il trovarsi, di due corpi celesti in posizione tale che, visti dalla terra, figurino sullo stesso allineamento.

Nella prima sezione, Canti dell'amore coniugale, si avverte, forte, un luogo femminile, quello dello stare quieto della scapola, dove la donna si fa luogo, rotondità, protezione.

                         

                        Essere uno, essere due

Lo stare quieto della scapola
nel corpo tuo che fascia, tondo
sulla slogatura del prato
mentre si screpola il giorno
al pane nostro fiato
finalmente uno in questa buca
celeste, in questo andare che ruota
e non ha fondo. 

Così sento questo dipanamento del verso, che offre litografie in bianco e nero sotto forma di figure perfette come l'uroboro, il serpente che si morde la coda, unità fondamentale del cosmo, oppure, talvolta, sotto forma di impronte appena accennate, didascaliche.


Perfetta figura


Dici quercia e bacio, aspetti
un cielo digiuno che spiova.

Sdraiata la lingua sulla pietra
scivoli aperta nell'animale
che dorme: pare il cerchio
una figura d'amore, perfetta
se non divora la prole.


Poi segue, in Poesie londinesi, una trasformazione, il dettato si fa frammentato e acuto, ne risultano aforismi sotto forma di esperienza

Non c'è canto, lo so. Però il corpo
talvolta, parla da solo, ama il fango
più della luce e cancellare tracce
darsi malato...

Colpisce anche l’ironia, che in certe poesie, prendo spunto da *vendo monade con vista*, si offre  con trasporto:


Incanto


vendo monade con vista. e occhiali
d'oro per letture preziose. oppure scambio
con piatti chiari e amicizia. cedo
camicia lunga per forza.

[...]

offresi compagnia casta a signora perversa.
regalo topolino bianco sodomita, vera occasione.
cedo parete nord per carezze artiche.
cerco lingua ruvida che solluccheri. no yeti.

Fino a proseguire, nella seconda sezione,  con Paesaggi con poeta, dove troviamo un canto più esteso che presiede l'attesa:

[...]

Io per me vorrei uno sfondo che non decori
ma dilati il senso dello stare, un tavolo di frutta
per esempio, e una figura, che sorrida a morti e vivi
senza strafare. Vorrei narrare, ma con spiacere
di mamme vermiglie nel rione degli infetti e di città
imperfette in cui s'annida l'erosione. E di prigione
vorrei dire, esilio dai prati, dai nomi, dove sognare
non l'ora d'aria, sola, ma il guado, e scrivere di te
di quando sfidi rocce e mulattiere
guardando in valle il torbido che cresce
di te, quieta, presso l'acqua dei nevai.

Per poi esplodere nel bellissimo: *Voglio dire*, così tipico della voce del poeta, quando, consapevole, acquisisce il disincanto del dettato e lo trasmette a fior di pelle in un'esplosione organolettica.

[...]

Però, davvero, ancora mi domando
se questo paravento abbia un senso, se questa messa
in pena valga la cera e quanto o invece
buchi meglio lo scherno l'impiego crudo del vero
con corpi monchi e scalpi o l'allegoria
feroce che fa da linfa alle feste del potere
da Luigi quattordici alle undicimila verghe alle centoventi
di Salò, baionette antiborghesi, anche se poi
tutto rapprende in solida bolla, s'ingloba
in carta buona e lancio editoriale.
Però la borghesia, forse, per quanto
piccola, e il proletariato e l'ospite indesiderato
sono comode figure, semplificazioni che sporcano
di meno. Ideologie, appunto, tare. O almeno, così pare
se è di questo che da Parigi a Casarsa si dice
e non, invece, come credo, della bestia oscena
del maschio disumano lanciato contro la femmina
motrice, chimera che spaura perché più dell'uomo penetra
più di lui domina la scena. Forse di questo stiamo parlando
anche quando cantiamo l'amore o i punti vinti al gioco
quando chiediamo se val bene questo
quello o l'erba in mezzo, come a beato ristoro
poetando.

Come vedi mi cito, mi chioso
con tutto il corpo che posso, scopro la voce, le voci
che come a Giovanna mi sparlano dentro, per liberare
la faglia, così che spiffero e buio e quanto rimane da dire
come da botte larga escano fuori o da bottega
ch'è un fare felice, se campana, per esempio, nasce
da terra ed ingegno, come in un film di Tarkosvkij
o da una poesia di suo padre, dove "l’erba come un flauto
- d'improvviso - cominciava a suonare".

[...]

L'uso delle congiunzioni, l'affermazione di un limite che però diventa risorsa nel momento stesso in cui ci rende consapevoli, sono espressione di uno stile che rende il vissuto partecipe dell'uomo, coinvolge ed ammonisce, si racconta e ci racconta, le tante sfumature esistenziali.

Lascio scivolare le impressioni per poi catturarle nel gesto che suscita ricordi e sensazioni perché è così che avviene la trasposizione della parola poetica  scritta e ricevuta.


34.

se dalla luna, lui, portasse indietro un grammo di ragione
o il suo lume. se studiasse i modi finiti e infiniti di spinoza
e vi scavasse dentro una pozza di vita vera. se insabbiasse
il perno che lo lega alla pancia del denaro. se ogni tanto
si girasse come l'angelo di klee. se inorridisse.


Un corpo che si estende nel pensiero, pur conservando la sembianza delle ali dell'angelo di Klee.

Una poesia sperimentale, quella di Guglielmin, dove forte si avverte il tentativo di ricercare una costruzione che agli occhi del poeta stimoli le connessioni mentali. Un linguaggio difficile a tratti, a tratti anonimo perché non sempre ci è chiaro il soggetto, o il senso, e questo ci spaesa, ci rende nomadi all'interno di un percorso dalle molte ramificazioni.
Penso che la sua voce sia volutamente indiretta, lontana, suggestiva.


Carla Bariffi vive a Bellano, sul Lago di Como.
Ha pubblicato“Aria di lago” (LietoColle, 2006) e Rapsodia in rosso (CFR, 2013)

Sue poesie sono presenti in alcune antologie e su riviste e siti on line:
LietoCollelibri :”L’albero degli aforismi “2004 – “Ti bacio in bocca” 2005 – Luce e notte, 2007.
Giulio Perrone Editore “Poeti lombardi” – “Logos poesia” – Aletti Editore: “Poesie italiane”.
“L’impoetico mafioso” CFR ed., a cura di Gianmario Lucini – “Esistenze e resistenze” a cura di letteratura necessaria. La Soldanella è il suo blog.

4 commenti:

  1. rileggo con piacere le poesie e affido a Carla un commentare che io non so..
    però le sento.. belle e vicine..

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  2. che emozione essere riuscita a dare voce ed espressione alle mie parole verso una poesia che stimo e sento...ti ringrazio tanto Stefano, e ringrazio la qui sopra lettrice!

    Bisogna imparare ad esprimere le proprie emozioni sotto il controllo della scrittura. Aiuta a coordinare il pensiero, a mettere ordine ...
    per questo, scrivere recensioni, penso sia un buon traguardo - e un buon esercizio - per una certa maturazione.
    non lo farei mai per lavoro, solo per diletto personale.

    e bisognerebbe anche avere un maestro (professore) che rilegga la prima stesura!;-)

    a presto!

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    1. grazie a tutte e due. Come ti dicevo, Carla, la precisione fa la differenza quando scrivi saggistica. Occorre che il testo risalti nelle sue qualità ed eventuali difetti, in modo che il generico sfumi.

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  3. interessante questa nuova prospettiva di scrittura, i saggi mi affascinano sempre perchè abbracciano la scienza e si avvicinano all'interiorità, per questo deve essere una bella sfida cimentarsi a scriverne.
    chi scrive poesia, in genere, fatica a scrivere romanzi...i saggi però...
    sono come un racconto, con la differenza che, a seconda del tema trattato, possono aiutare a capire un determinato problema.

    una cosa è certa, la tecnica sembra importantissima.

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