venerdì 9 novembre 2012

A proposito dell'Inno nazionale



L'inno di Mameli è un canto ispirato al bisogno di libertà dallo straniero. Mameli infatti fu un irredentista, che collaborò con i milanesi durante la guerra contro gli austro-ungarici e fu con Garibaldi e Mazzini per liberare Roma dai francesi e dall'assolutismo di papa Pio IX.

Divenne inno nazionale provvisorio nel 1946, per volontà del ministro della guerra Cipriano Facchinetti. Tale provvisorietà è tuttora in atto, non essendo ancora inserito, nell'articolo 12 della Costituzione repubblicana, un rigo che lo confermi in via definitiva. La consuetudine, tuttavia, aveva deciso da un pezzo la sua funzione: quell'inno, musicato da Michele Novaro, già si cantava nei momenti più patriottici del Risorgimento, sino alla Resistenza ossia in circostanze di guerra o, perlomeno, di organizzazione ideologica delle coscienze in funzione unitaria. Infatti il canto, composto nel 1847, è fortemente bellicoso, così come voleva il romanticismo politico del XIX secolo.

Speravo che fossimo usciti dall'idea che la guerra fosse la linea conduttrice della nostra storia. Speravo che la vittoria fosse sulle ingiustizie sociali ed economiche, non espressione di un dominio coloniale (perché questo fu la vittoria romana sui cartaginesi) e sulla volontà di umiliare gli sconfitti (tagliare la chioma, ha questa funzione). Speravo che la lingua dell'Italia nuova fosse autenticamente umile e sincera, manzoniana al limite; non certo pomposa e retorica come quella del povero Mameli, giovane dell'aristocrazia sarda: piacerà forse perché tanto simile al politichese? Non sarà che il Risorgimento sta ancora patteggiando il potere con l'aristocrazia contemporanea,  non tanto di sangue, ma di toga (da intendersi non in senso giuridico, ma corporativo)? Probabilmente i governanti di oggi leggono "per Dio" non come un'esclamazione di un giovane entusiasta, ma quale complemento di fine: si vuole forse la guerra santa, la vittoria non tanto su un nemico terrestre, ma sul male ontologico?

Forse è il caso che, chi ha deciso l'obbligo d'insegnare l'inno a scuola, definisca meglio l'antagonista. E poi: davvero vuole che insegniamo l'integralismo religioso, il colonialismo, la retorica, l'odio verso gli sconfitti?

Non credo che la classe dirigente sia consapevole di tutto questo. Se lo fosse sarebbe diabolica; semplicemente usa la leva del sentimento patriottico perché è la via più facile per trovare l'unità nazionale, dopo che si è mostrata totalmente in difesa e dei grandi capitali finanziari e della Chiesa nostrana. Qui è davvero diabolica, ma io non gli proclamo la guerra santa. Sono un democratico pacifista e credo nella libertà di parola e nella necessità di informazione. Anche di insubordinazione, se necessario.




INNO di MAMELI


Fratelli d'Italia
L'Italia s'è desta,
Dell'elmo di Scipio
S'è cinta la testa.
Dov'è la Vittoria?
Le porga la chioma,
Ché schiava di Roma
Iddio la creò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi.
Raccolgaci un'unica
Bandiera, una speme:
Di fonderci insieme
Già l'ora suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Uniamoci, amiamoci,
l'Unione, e l'amore
Rivelano ai Popoli
Le vie del Signore;
Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Dall'Alpi a Sicilia
Dovunque è Legnano,
Ogn'uom di Ferruccio
Ha il core, ha la mano,
I bimbi d'Italia
Si chiaman Balilla,
Il suon d'ogni squilla
I Vespri suonò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò.

Son giunchi che piegano
Le spade vendute:
Già l'Aquila d'Austria
Le penne ha perdute.
Il sangue d'Italia,
Il sangue Polacco,
Bevé, col cosacco,
Ma il cor le bruciò.
Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò


18 commenti:

  1. Ciao,
    un amico mi ha segnalato il tuo articolo, di cui ti ringrazio, che ho rebloggato e commentato qui http://scienzeumanegiudici.wordpress.com/2012/11/09/stefano-guglielmin-a-proposito-dellinno-nazionale/.

    Non resta che immaginare che la prossima iniziativa siano gli esercizi ginnici sul piazzale e il saluto alla bandiera prima della campanella.

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  2. Grazie per il link! il saluto con la tromba alzabandiera, al posto della campanella...

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  3. Antonio Devicienti9/11/12 17:50

    Grazie per il post, lucido ed informato, che condivido in pieno; da insegnante chiedo: ma la scuola italiana non ha ben altri problemi che occorrerebbe affrontare in modo serio? e non è proprio la scuola luogo in cui tornare a far cultura? non passa la nostra unità nazionale e il nostro (non escludente, ma accogliente e solidale)sentimento di appartenenza ad una comunità di liberi per l'apprendimento e la cura nei confronti della lingua italiana, così offesa e tradita?

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    1. Gentile Antonio, sai già le rispose alla tue domande. Siamo alla frutta, che mangiano loro, pero!

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  4. Caro Stefano, tu hai ragione da vendere e la hanno anche i precedenti commentatori: sarà spinoso far studiare l'Inno di Mameli, proprio per i valori "bellici" che veicola. Tuttavia, allora anche i Tedeschi non dovrebbero più cantare Deutschland uber alles perché durante il Nazismo è stato usato a fini propagandistici fraintendendone volutamente il significato; e invece no, lo cantano. E perché? Perché il loro inno parla dell'unificazione di un popolo, della sua libertà, esattamente come il nostro; ed è per questo, perché parla di unità, che i deputati della Lega sono usciti dall'aula quando è stato approvato l'insegnamento dell'inno di Mameli a scuola. E allora, anche se sulla Scuola pubblica ben altro ci sarebbe da approvare e discutere, anche se l'Inno di Mameli parla di guerra e di antiche colonizzazioni, ben venga insegnare il Risorgimento ANCHE con il nostro Inno, storicizzandolo ovviamente, spiegandone e sciogliendone i limiti di una visione superata, la specificità di un linguaggio lontano dalla lingua corrente, e tuttavia sottolineando il contesto storico da cui è nato, e soprattutto l'Idea che ha reso possibile unificare il nostro Paese, pur con tante ombre che ancora si allungano su noi dopo tre secoli.
    Sarà questa, la vera insubordinazione.
    Grazie del post, ciao

    Fiorella

    P. S. Ancora co'sto Manzoni? Naaaa.... ;D

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    1. capisco quello che intendi, ma sei sicura che non ci siano testi più educativi, più simbolicamente rappresentativi di un percorso ch si vuole compiere? Se vogliamo cambiare rotta, dobbiamo ancha ragionare sui simboli che fondano la precedente.
      E poi: davvero il Risorgimento è stato "popolare"? Non serve scomodare Gramsci per verificarlo, lo sai bene visto che insegni storia anche tu.
      ciao!

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  5. Caro Stefano, infatti ho parlato di ombre del Risorgimento che si allungano fino a noi. Però c'è stato, il Risorgimento, e va studiato così come è stato, e se ha prodotto anche l'innoo di Mameli perché non studiare anche quello? Di cosa abbiamo paura? Si può storicizzare, contestualizzare, e inserire insieme ad altre voci dell'epoca, un tutto unico di cui far rilevare le sfaccettature. Certo che ci sarebbero e ci sono testi "diversi" da far studiare; allora, si metteranno a confronto, e il limite di alcuni risulterà più evidente. A meno che non suggerisci che si sarebbe dovuto scegliere un altro inno per la nostra Nazione: ma, onestamente, la cosa mi sembrerebbe poco praticabile, visto che - come hai ricordato tu - è stato scelto spontaneamente dai nostri antichi compatrioti, non solo per il testo ma anche per la sua musicalità. E poi, quale altro inno potrebbe riflettere meglio le luci e le ombre di un periodo storico meglio di quello scritto da un ventenne morto per un'Idea?
    Io la penso così :-)
    Grazie per la risposta, ciao!

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    1. sono d'accordo che bisogna studiarlo, capirlo. E' appunto quanto ho cercato di fare con questo post. Diverso è impararlo a memoria perché il potere lo ordina.

      Su Manzoni: salvare la lingua e soprattutto l'idea che l'intellettuale ha un compito preciso (cfr. In morte di Carlo Imbonati) mi pare importante in questo paese di ignoranti e furbastri.
      Di sicuro bisogna leggere anche altro, ma Manzoni è una pietra miliare.
      ciao e buona domenica.

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  6. Ma sì, ma sì...Però anche Nievo andrebbe studiato come lui, se non altro perché da Confessioni di un Italiano proviene la consapevolezza delle ambiguità risorgimentali, anche quelle della lingua...Manzoni invece è l'espressione di una borghesia e di un gruppo di intellettuali che non ha fatto così tanto bene all'Italia...Ma sono visioni diverse. Buona domenica a te.

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  7. concordo assai con te, stefano. bel post. avevo una compagna al liceo(geniale, per me!) che una volta cantò l'inno d'italia con le note di sapore di sale...provare per credere!
    silvia

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    1. in effetti qualcosa cambia, ma non la sostanza :-)

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  8. Grazie Stefano, utile sintesi di quello che penso anch'io, ma detto meglio (a ciascuno il suo mestiere, a te le parole :) )

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  9. ho assaggiato le tue poesie...
    buone!:-)

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    1. ho visto e ti ho risposto. grazie!

      gugl

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  10. Probabilmente esistono una miriade di testi più educativi e meno "retorici" dell'inno nazionale da proporre a scuola. So bene però, perchè ho modo di sperimentarlo ogni giorno, che le nuove generazioni, non avendo vissuto il momento risorgimentale con tutte le sue battaglie e i sentimenti di patriottismo che hanno portato all'unità del nostro paese, non hanno la minima idea del suo significato e della sua importanza. Ben vengano dunque testi come "Le mie prigioni" di Pellico, "Le Confessioni di un italiano" di Nievo, "La spigolatrice di Sapri" di Mercantini, l'inno stesso, solo per citarne alcuni. Ed è bene che lo si impari a memoria visto che anche la capacità di memorizzazione dei ragazzi é poco sfruttata e terribilmente compromessa. Io son cresciuta con queste proposte formative traboccanti di brividi patriottici e passioni politiche e credo di essere cresciuta bene. Quello che non mi sta bene invece é la rivisitazione che ne fa qualche ignorante borioso per esigenze di marketing. "L’Italia s’è desta, siam pronti alla vita“. Si è detto che il verso originale “siam pronti alla morte“, stonava in bocca a dei bambini. Secondo me a stonare invece è questa versione moderna a dir poco raccapricciante, visto che non tiene conto nè della tradizione nè tantomeno della metrica.

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  11. il Risorgimento è la nostra rivoluzione mancata, come ben sai. E ne paghiamo ancora le conseguenze. Se c'è stato un momento in cui la borghesia poteva organizzarsi in senso patriottico è stato dopo la Resistenza, ma non è successo, per varie ragioni. Non siamo ancora un Patria, ma un arlecchino di interessi locali, corporativi e talvolta fuorilegge. In tutto questo, l'inno suona retorico e, se lo diamo per buono, ci dice semmai che il Risorgimento non è ancora concluso. Ciao, grazie per il commento.

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